Se avete qualcosa in più di trent’anni sicuramente ricordate i pomeriggi su Rai1 in compagnia delle DuckTales. Le avventure di zio Paperone e di Qui, Quo e Qua erano un appuntamento fisso che oggi ricordo con genuina nostalgia (quella buona, quella che ti scalda il cuore).
Vedere muoversi in un contesto finalmente avventuroso ed articolato quei personaggi che prima avevo conosciuto solo su carte era decisamente emozionante. Conoscere poi tutta la pletora di personaggi per me nuovi come Cuordipietra Famedoro o creati apposta per la serie come Jet McQuack aggiungeva magia ad una serie che agli occhi del piccolo-W@lly-bambino era una specie di pietra miliare e che solo successivamente ho scoperto invece non avere avuto il successo che avrebbe meritato.
Ero abbastanza inquieto all’idea di un reboot della serie. Le prime immagini che mostravano il design spigoloso e le teste “quadrate” dei personaggi mi avevano lasciato…diciamo freddino…
Adesso che mi sono sparato in vena tutta la prima stagione dei nuovi DuckTales i miei dubbi saranno stati fugati?
Insomma, la vita a Paperopoli è ancora uno sballo? Oh si, eccome se lo è!
Tutto cambia per rimanere uguale
Il cast di queste 22 puntate di DuckTales è fondamentalmente lo stesso della serie classica (Paperon de’ Paperoni, Qui Quo e Qua) a cui si aggiungono praticamente da subito Paperino (che nella vecchia incarnazione della serie invece faceva solo delle comparsate) e Gaia Vanderquack (in originale Webbigail “Webby” Vanderquack) che originariamente appariva solo in un secondo momento.
Non solo il carattere dei personaggi è definito nello stesso, familiare, modo, ma è la stessa atmosfera che si respira ad essere rimasta immutata.
Il modo in cui è studiata il cartone, inevitabili aggiornamenti narrativi e stilistici a parte, è rimasto invariato. Le puntate rimangono sostanzialmente autoconclusive e godibili a se, fatta eccezione per un accenno appena percettibile di trama orizzontale.
I miei dubbi dal punto di vista grafico me li sono dovuto rimangiare nell’arco della prima manciata di minuti. Lo stile squadrato non solo rende bene ed è funzionale alla narrazione ma è anche inaspettatamente fedele alla rappresentazione classica dei personaggi non stravolgendoli ma rendendo il classico design solo vagamente “alternativo”.
Com’è bella l’avventura
Ogni puntata riesce a risultare sempre fresca ed “avventurosa” come solo un viaggio insieme ad una manica di paperi pazzi può essere. Il grande pregio della serie è però quello di riuscire ad essere avvincente senza mai risultare banale o scontata.
Nulla risulta infantile pur se è immediato ritrovare il classico umorismo delle avventure dei paperi. Nulla nello svolgimento delle trame risulta esageratamente criptico, ed il dipanarsi delle trame è sempre limpido e chiaro nei suoi intenti.
Un linguaggio diretto in grado di arrivare con la medesima potenza la figlio di cinque anni così come al padre di quarantacinque o al nonno di sessantacinque anni.
Eppure questo reboot di Ducktales non si limita a ripercorrere pedissequamente i passi della serie originale.
Uno degli elementi più innovativi nell’equilibrio della serie è l’inaspettata mescolanza tra commedia e dramma.
Prima si accennava alla trama orizzontale: alcune delle tematiche tirate in ballo a tal riguardo mostrano una profondità che prende sotto certi punti di vista alla sprovvista. Non è un qualcosa che permea in toto la serie quanto piuttosto dei colpi ben assestati che riescono in pochi frangenti decisivi a modificare significativamente i toni e le atmosfere dello spettacolo. Un esempio lampante è costituito dal segreto che nasconde una delle “new entry”, Lena.
Questo mischiare continuamente le carte in tavola unendo l’avventura in tutte le sue declinazioni a tematiche meno usuali in casa Disney è proprio il passo in più che permette a questa serie di risultare sempre varia ed imprevedibile.
Il reboot di DuckTales convince e non delude sotto nessun punto di vista, quindi.
(4,5 / 5)
Voi? Avete visto la serie? Vi è piaciuta o la vedere in modo diametralmente opposto a me? Fatemi sapere, sono curioso di sapere la vostra.
Per oggi è tutto, qui W@lly, passo e chiudo.
Videogiocatore, fumettaro, fumettista, nerd ed inguaribile sognatore.
Da sempre rincorre i suoi sogni e le sue fantasie lasciando dietro di se una scia di lampi.
Yes, sto finendo di vederla e già mi gaso per la seconda stagione.
Confermo le tue parole e… viva lo stile squadrato, sempre amato (anche nella Disney anni ’50-’60), contento che qui funzioni benissimo^^
Moz-
Ti giuro, è stata una sorpresa per me. Ho approcciato la prima puntata con curiosità, un poco di timore e nulla più e alla fine la stagione me la sono mangiata in pochissimi giorni quasi senza interruzioni! Una droga!
Ho apprezzato che per la prima volta il carattere di Qui, Quo e Qua è differenziato e mi incuriosiva un pochino la trama orizzontale ma ho lasciato dopo i primi episodi (visti in lingua ai tempi dell’uscita, tranne il primo che ho rivisto anche in italiano), non mi ha proprio preso e continuo a ritenere il nuovo design un’emerita merda. Anche la nuova versione della sigla fa schifo, sia in inglese che in italiano (in italiano ancora di più).
Quando ho nostalgia mi riguardo la vecchia serie.
@Emanuele Di Giuseppe tutti gusti sono giusti. A me è piaciuto molto che i tre nipotini siano stati per una volta resi riconoscibili.
Ma ti riferisci alla sigla italiana che riprende la canzone originale?
Sì, penso sia questa (non la posso ascoltare). La nuova in inglese mi era piaciuta, ricordavo male, è solo la nuova italiana che fa veramente schifo. Qui ho esposto tutte le mie perplessità sulla versione italiota (compresa la sigla).
p.s. se rileggi bene, anche a me il carattere dei nipotini, una delle poche cose che ho salvato.
Corro a leggermi il post!
Si, in effetti avevo letto bene, è che mi sono espresso proprio male io e volevo dire che sul punto ero d’accordo con te!
Non ho visto la serie ma ho seguito un po’ le polemiche sul chara-design… a me piace, è più moderno e particolare. Il problema è che il nerd medio è allergico a qualsiasi cambiamento… 😉
@Michele Borgogni guarda, hai centrato il punto. Spesso noi nerdacci (io per primo) ci arrocchiamo in un difensivismo estremista e non ci accorgiamo che dietro piccole cose come un design leggermente diverso pulsa lo stesso spirito originale (o a volte più bello) che animava le opere a cui tanto teniamo
Se è tutta disponibile in italiano, è ora di guardarla anche per me :). Promossa a pieni voti, da te, Wally, bene! Sulla nuova-vecchia sigla a me non dispiace, forse se avessero fatto una sigla nuova da zero, sarebbe venuta fuori una cosa peggiore 😀
@Riccardo Giannini il momento è giunto, fidati. Anche perchè leggevo stamattiva che la seconda stagione è confermata 😉
Anche secondo me poteva andare molto peggio con la sigla…