Quasi mai questi fortunati eventi televisivi riescono a sopravvivere al clamore che essi stesso hanno generato, a volte consumati dalla inevitabile mancanza di idee, a volte schiacciate dal peso delle aspettative.
Con la dovuta ovvia dose di ritardo il vostro buon W@lly, accompagnato dalla instancabile signora W@lly, si è compulsivamente pappato le due stagioni del serial ed è qui pronto a parlarne con voi. Due chiacchiere fra amici, cercando di evitare gli spoiler e astraendo il più possibile.
Salto subito al punto centrale della questione: mi è piaciuto Stranger Things? Si, molto. Vediamo il perché.
Il gioco della citazione
Come noto, Stranger Things è ambientato negli anno ’80. Lo sapete che già di suo questo per me è un valore aggiunto. Quali sono però le ovvie implicazioni di questo setting temporale? Semplice, si apre la caccia alla citazione.
Le situazioni ed i personaggi sono perfettamente intercalati in un tessuto culturale e politico che non fa solamente da sfondo alla vicende ma che con essa si intreccia attivamente (ad esempio prendete il modo in Dungeons & Dragons viene usato per sviluppare spunti e sottotrame).
Inutile dire che però le citazioni più deliziose sono quelle che affondano le zampe nell’immaginario nerd cinematografico…
o nel mondo dei videogiochi e delle sale giochi (e ditemi chi di voi trenta-quarantenni da piccolo non ha vissuto una scena del genere).
La trama sottosopra
Strnager Things è incentrato su 4 ragazzini che si trovano ad avere a che fare con delle misteriose entità proveniente da una sorta di “altra dimensione” e con una ragazzina dai poteri psicocinetici. Nulla di originale direte voi. E in effetti avete ragione, le premesse non sono nulla di clamoroso.
Certo non mancano i buchi narrativi ma sono comunque pochi e ampiamente ripagati da uno svolgimento avvincente che cresce nella prima e, in maniera decisamente amplificata, nella seconda stagione.
Unica nota negativa a mio parere un evidentissimo anticlimax sul finale della seconda stagione che interrompe in maniera drastica ed imperdonabile il ritmo e il pathos crescente con una puntata incentrata sul personaggio di Undici, bella ma fuori luogo.
Cosa resta?
Quindi cosa rimane dopo la visione di entrambe le stagioni? La voglia di vedere la terza, ma soprattutto (cosa abbastanza rara per me) la necessità quasi fisica di saperne di più sulla produzione e sulla scrittura dei personaggi . Netflix ha sapientemente colmato anche questa richiesta del pubblico con una serie di corti documenti-interviste con attori e registi.
Ma soprattutto ti accorgi che la serie ti è entrata dentro il giorno in cui vai a comprare conla famiglia dei vestitini per la piccola W@llina e, vedendola vestita in Salopette e camiciona a quadri, esclami in coro con la signora W@lly e con gli occhioni a cuoricino “aaaaaawww, sembra Undi…”
Per oggi è tutto, qui W@lly, passo e chiudo.
Videogiocatore, fumettaro, fumettista, nerd ed inguaribile sognatore.
Da sempre rincorre i suoi sogni e le sue fantasie lasciando dietro di se una scia di lampi.